#Fipe audizione del Direttore Generale Roberto Calugi in Parlamento

“Ristorazione al collasso, le misure messe in campo non sono adeguate”

Sintesi dell’intervento

Desidero ringraziare per l’invito rivolto alla Federazione Italiana Pubblici Esercizi ad essere audita in merito al decreto legge dell’8 aprile n. 23, cosiddetto Decreto “Liquidità”. Mi scuso con tutti voi in anticipo se il mio tono di voce potrà in alcuni passaggi tradire emozione, nervosismo o addirittura rabbia, ma il settore che mi onoro di rappresentare, quello dei Pubblici Esercizi – bar, ristoranti, ristorazione commerciale e collettiva, catering, discoteche, stabilimenti balneari – è letteralmente al collasso, colpito più di ogni altro settore dalla crisi economica dovuta alla pandemia Covid-19 e dalla inefficacia dei provvedimenti sin qui adottati dalla politica.
Per questo utilizzerò i 20 minuti che mi sono stati concessi prima delle domande, per riportare in breve lo stato di crisi profonda in cui si trova il settore e le richieste emendative al testo normativo in esame. Il settore dei Pubblici Esercizi “ante virus”, nel 2019 ha registrato un giro di affari vicino ai 90 miliardi di euro, con oltre 300.000 imprese attive ed un milione e duecentomila addetti occupati. Un settore in crescita costante nel corso degli ultimi anni, anche nei periodi più difficili della congiuntura economica, e terminale fondamentale della filiera agroalimentare italiana con più di 20 miliardi di euro di prodotti agricoli acquistati ogni anno.

Questi numeri sono persone, famiglie, collaboratori, fornitori e testimoniano storie di reale disperazione di imprenditori che si sentono letteralmente abbandonati dalle Istituzioni, in balia di normative complesse e a volte sovrapposte, con la prospettiva di veder vanificati in poche settimane i sacrifici di un’intera vita.
L’apertura al primo di giugno è particolarmente penalizzante ed ingiustificata.

Non si comprende come mai i Pubblici Esercizi che vengono classificati dall’Inail a basso rischio, debbano riaprire per ultimi. E’ evidente un gap di comprensione delle dinamiche economiche sottese a questa tipologia di azienda. Inoltre se, ormai, è purtroppo chiaro quando riapriremo, nulla sappiamo rispetto a reali contributi economici per permettere alle nostre realtà di sopravvivere e ripartire.

Ad oggi non esiste alcuna indicazione chiara rispetto alle modalità che verranno richieste. Si è parlato di plexiglass, di due o più metri di distanza, di tute, occhiali protettivi, guanti, di sanificazioni più o meno certificate, di spazi minimi vitali e ovviamente di mascherine. Le aziende sono state lasciate nella confusione più totale, alla quale ha contribuito un’imbarazzante complessità normativa fra Stato centrale e Amministrazioni regionali.
Non sfuggirà che individuare i vincoli operativi che dovranno essere adottati dalle imprese nella fase di riapertura, è decisivo per comprendere i possibili i parametri di redditività delle stesse. E’ verosimile, soprattutto nella fase intermedia, che la gestione saràin perdita, antieconomica, rendendo necessario un supporto pubblico per evitare ulteriori fallimenti.

Dovendo giudicare i provvedimenti adottati dal Governo in questi due mesi di emergenza, spiace dover sottolineare con forza l’inadeguatezza degli stessi, che hanno sin qui avuto scarsi effetti sulla vita reale delle imprese. Le risorse degli ammortizzatori sociali non sono arrivate, le misure dell’accesso al credito, previste in particolare agli artt. 1 e 13 del Decreto Legge “Liquidità” oggi in esame, stentano a decollare.

Oggi, dopo 2 mesi dall’inizio dell’epidemia e a 40 giorni dall’approvazione del Decreto, ci risulta che il Fondo Sostegno al Reddito non abbia ancora erogato alcuna risorsa ai lavoratori. Poco meglio per le casse in deroga, grazie alle attività con le Regioni, dove 4.000 posizioni sono state erogate in tutti i settori produttivi. Questo è del tutto inaccettabile.

Relativamente ad altre disposizioni, si è previsto uno spostamento di varie scadenze fiscali, senza intervenire sull’ammontare delle stesse. Un primo intervento è stato fatto sulle locazioni commerciali, limitandosi ad un credito di imposta al 60% per il solo mese di marzo, per la sola categoria catastale C1.
Rispetto al Decreto Legge “Liquidità” oggi in esame, abbiamo registrato diverse difficoltà di accesso alle misure previste agli articoli 1 e 13. In particolare lasciamo alla vostra valutazione i risultati di un’analisi, svolta nella giornata di ieri, nei confronti di 780 imprese, nella quale emergono con chiarezza i limiti che lo strumento delle garanzie Statali, presentato come una sorta di liquidità garantita per tutti, sta invece registrando.

In sintesi riporto qualche dato del sondaggio: il 44% delle imprese lamenta difficoltà nella presentazione della domanda, il 53% ha dovuto produrre maggiore documentazione alla banca e il 98,6% delle imprese NON ha ancora ricevuto l’erogazione. Significativo che di questo 98,6% che non ha ancora ricevuto alcun finanziamento, la banca dica al 36,3% che la riceverà fra almeno 4 settimane, mentre ad un altro 27,4% non prima di altre 3.
E’ evidente che puntare tutto sul credito garantito dallo Stato utilizzando il canale bancario, anch’esso sotto stress per mancanza di personale ed un vertiginoso incremento di lavoro dovuto alle moratorie, non abbia funzionato.
In merito al provvedimento, appare assolutamente insufficiente l’inserimento del limite dei 25.000 euro fissato per l’erogazione massima consentita con la garanzia dello Stato al 100%. Un limite eccessivamente basso, che in una qualsiasi azienda dei Pubblici Esercizi è ininfluente a finanziare una qualsiasi ipotesi di ripartenza.

Inoltre aver limitato la garanzia dello Stato al 90% per gli importi fino a 800.000 euro, per altro solo per le imprese con un limite a 3.200.000 euro, rende la verifica del merito del credito un obbligo da parte degli Istituti di credito, ai sensi della normativa di vigilanza imposta dalla Banca Centrale. La garanzia accessoria dei Confidi che permetterebbe di raggiungere il 100% comporta necessariamente un’istruttoria ulteriore. Altre verifiche, altri passaggi, altro tempo, che purtroppo i nostri imprenditori non hanno a disposizione. Se veramente si vuole iniettare liquidità massiccia, va tolto il limite dei 3.200.000 milioni di euro e va estesa anche a questo segmento la garanzia al 100% dello Stato.
Le condizioni di maturità del credito, 24 mesi di preammortamenti e altri 4 di rimborso, inoltre, appaiono stringenti e non adeguate al momento di eccezionalita? che la situazione rappresenta. Si ritiene opportuna una “maturity” di 20 anni per permettere a chi ha contratto il debito di poterlo spalmare su un lasso di tempo accettabile.
Su tutto si ribadisce che si sta parlando comunque di debito, che dovrà essere remunerato e rimborsato e che si aggiungerà, aggravandolo, al fragile equilibrio economico delle nostre imprese che normalmente, soprattutto le realta? minori, sono sotto-patrimonializzate e vivono di cassa.

I problemi

In sintesi quindi:
a. Gli ammortizzatori sociali non sono stati ancora erogati, comportando la necessità, per molte aziende, di anticipare le risorse ai lavoratori;
b. L’imposizione fiscale è stata posticipata e sin qui non si è intervenuti sull’abbattimento dell’ammontare dovuto;
c. Gli affitti sono stati trattati limitatamente al mese di marzo, con credito di imposta e nulla è stato fatto ancora per gli altri mesi;
d. L’accesso al credito previsto con il D.L. “Liquidità”, almeno sin qui, si è rivelato complicato e non all’altezza degli annunci in termini di iniezione massiccia ed immediata di risorse;
e. Si tratta comunque di un finanziamento, oneroso, da rimborsare in un tempo limitato;
f. Inspiegabilmente si è ritenuto, senza coinvolgere alcuna Associazione, di ritardare fino al primo giugno la ripresa almeno parziale delle attività;
g. Mancano ancora chiare informazioni sulle risorse che saranno messe a disposizione delle imprese e degli strumenti che potranno concretamente essere messi a disposizione;
h. Non sono pervenute modalità chiare dei requisiti necessari da rispettare per la “fase 2”, mentre per alcuni settori, come l’intrattenimento, manca addirittura una prospettiva credibile di riapertura.

Le proposte

Per questo, pur non essendo oggetto della conversione del DL n.23/2020, riteniamo importante sottolineare con forza come sia urgente ed indifferibile dare seguito alle seguenti richieste della categoria:
• Contributi fondo perduto per i Pubblici Esercizi parametrate alla effettiva e documentata perdita di fatturato;
• Moratoria sugli affitti/affitto ramo di azienda e sulle utenze: compensazione per il periodo di chiusura e per il periodo di ripartenza;
• Cancellazione pro quota dell’imposizione fiscale, come Imu, Tari, tributi per la concessione del suolo pubblico e altre imposte fino alla fine del periodo di crisi pandemica;
• Prolungamento degli ammortizzatori sociali fino alla fine della pandemia e sgravi contributivi per mantenere i livelli occupazionali ;
• Deroga all’occupazione di spazi all’aperto per favorire il distanziamento sociale e permettere agli esercizi di lavorare;
• Un piano di riapertura con modalità certe e sostenibili, con il coinvolgimento degli operatori del settore.

Fonte: La Repubblica del 29/04/2020

https://www.repubblica.it/sapori/2020/04/29/news/crisi_economica_ristorazione_parlamento_discorso_direttore_generale_fipe_roberto_calugi-255155693/