TARI- Rapporto rifiuti 2020 Confcommercio: al settore turismo pavese la Tari più cara di tutta la Lombardia

Il rapporto rifiuti 2020 Confcommercio parla chiaro: il 60% dei comuni ha aumentato la tassa. Situazione insostenibile per le imprese. evidente la necessità di esentare dal pagamento della tassa tutte le attività pesantemente colpite dalla pandemia.

Uno sguardo d’insieme

I negozi sono dovuti rimanere chiusi per mesi e, anche quando hanno potuto aprire, la mole di lavoro non è stata certo all’altezza degli anni precedenti: logica vorrebbe che, non avendo prodotto rifiuti, per loro la Tari sia destinata a diminuire… E invece aumenterà. Questo in sintesi l’esito di uno studio realizzato attraverso il portale www.osservartoriotasselocali.it da Conf­commercio per delineare un quadro realistico sullo stato della gestione dei rifiuti urbani e sull’applicazione della Tari a livello locale. «La gestione dei rifiuti presenta, in Italia, notevoli criticità e manifesta risultati senz’altro modesti rispetto a quelli raggiunti in altre realtà europee – spiega Carlo Sangalli, presidente di Conf­commercio Imprese per l’Italia –. La motivazione è da ricercarsi nella carenza di politiche di ampio respiro, nella mancanza di adeguate infrastrutture e di moderni sistemi di riciclo e di recupero che ci vedono ancora costretti ad esportare parte dei rifiuti che raccogliamo quando, invece, tutti gli altri Paesi hanno da tempo cominciato a considerare questi rifiuti come una opportunità strategica per sviluppare nuovi mercati e nuove imprenditorialità. Questi deficit strutturali nel ciclo di gestione dei rifiuti manifestano i propri effetti anche in termini di incremento delle tariffe pagate dalle utenze domestiche e non domestiche».

I dati raccolti dall’Osservatorio confermano il peso eccessivo della tassa sui rifiuti pagata dalle imprese nonostante l’emergenza da Covid-19. A livello nazionale è stato quantificato un calo di più di 5 milioni di tonnellate di rifiuti, pari al -15% rispetto all’anno precedente, calo che, in ogni caso, assorbe anche la produzione di dispositivi anti Covid (sostanzialmente mascherine) trattati come rifiuti indifferenziati (Ispra, istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ha stimato per il 2020 che la produzione di tali dispositivi si è attestata tra le 160mila e le 440mila tonnellate). Nonostante questo l’ammontare complessivo della Tari si è confermato, nel 2020, su valori analoghi a quelli del 2019 (circa 9,73 miliardi di euro).

Arera, autorità di regolazione per energia reti e ambiente, aveva stabilito che nel corso del 2020 sarebbe dovuta diventare operativa l’adozione del Metodo Tariffario Rifiuti (MTR) incentrato sulla trasparenza e sull’efficienza dei costi del servizio di raccolta dei rifiuti urbani, che avrebbe dovuto generare un abbattimento delle tariffe. Solo il 21% dei Comuni a livello nazionale ha recepito il nuovo Metodo Tariffario Rifiuti di Arera. E, fra questi, nel 58% dei casi il costo della Tari risulta in aumento per un valore medio del +3,8%: non si sono, quindi, registrate le contrazioni della spesa attese né un efficientamento dei costi.

«Ma servono anche misure emergenziali, visto il perdurare della diffusione epidemiologica da Covid-19. Chiediamo allora che siano esentate dal pagamento della Tassa tutte quelle imprese che, anche nel 2021, saranno costrette a chiusure dell’attività o a riduzioni di orario. Analoghe misure dovranno essere riconosciute in favore di tutte quelle altre imprese che, pur rimanendo in esercizio, registreranno comunque un calo del fatturato – e, quindi, dei rifiuti prodotti – a causa della contrazione dei consumi. La Tari continua a rappresentare per le imprese del nostro territorio un peso insostenibile e spesso ingiustificato, se si considerano le iniquità che lo caratterizzano».

Lo studio Confcommercio a livello locale

Secondo lo studio commissionato da Confcommercio attraverso i dati raccolti da www.osservatoriotasselocali.it, la Tari chiesta dal Comune di Pavia è adeguata ai costi sostenuti. Tutto ciò che ha incassato dalle famiglie e dalle attività produttive il Mezzabarba lo ha, quindi, speso per la raccolta. Va da sé che, nell’ultimo anno e mezzo, quanto prodotto in meno dalle utenze commerciali (che da febbraio 2020 hanno dovuto fare i conti con lockdown, chiusure e orari ridotti) è stato evidentemente compensato dalle utenze domestiche senza che questo abbia poi avuto una qualche ricaduta sulle nuove tariffe e, in modo particolare, sul bilanciamento tra utenze domestiche e non domestiche (40-60%). «Ci siamo già incontrati con il sindaco Fabrizio Fracassi pochi giorni fa – puntualizza Gian Pietro Guatelli, direttore Ascom Pavia –. Abbiamo preso l’impegno a ritrovarci subito dopo Pasqua per un confronto che dovrà essere meno interlocutorio e che, inevitabilmente, vedrà protagonista sul tavolo la Tari».

Sempre per quanto riguarda il capoluogo, lo studio Confcommercio pone Pavia ai piedi del podio nella classifica per la più alta Tari pro capite tra i capoluoghi lombardi (172,50 euro) alle spal­le delle sole Milano, Mantova e Varese.

Notizie decisamente più negative arrivano quando l’obiettivo viene allargato a comprendere tutto il territorio provinciale. Secondo lo studio, che in questo caso si è avvalso dei dati OpenCivitas relativi all’anno 2019, con il 34,66% di raccolta differenziata, la nostra provincia continua a essere la maglia nera a livello regionale. La classifica è guidata dalle province di Como (66,63%) e Bergamo (65,51%) che possono vantare un dato quasi doppio rispetto a quello pavese. Pavia e Brescia (39,49%) sono le uniche province sotto la soglia del 50% e si meritano il voto più basso nella classifica delle “performance” in termini di differenziata. Notizie decisamente negative, per quanto riguarda il settore commercio pavese, arrivano dal raffronto tra le tariffe medie Tari pagate a metro quadro dalle singole categorie nelle province lombarde. Il dato è provinciale, ma è chiaro che i Comuni di maggiori dimensioni finiscono per avere inevitabilmente un peso decisivo sul risultato finale. Ebbene, soprattutto gli operatori del settore turismo nella provincia di Pavia sono quelli che pagano la tassa rifiuti più alta a livello regionale, fatta eccezione per i ristoranti che sono secondi, ma giusto per una manciata di centesimi rispetto ai colleghi comaschi. Anche questi dati confermano la tesi che Ascom Pavia ha fatto propria da tempo: la percentuale che anche a Pavia viene utilizzata per spartire il peso della tassa rifiuti andrebbe rivista, ancora di più alla luce di questi ultimi mesi in cui, costretti a rimanere a casa, l’incidenza delle utenze domestiche sulla produzione complessiva dei rifiuti è sensibilmente aumentata. Anche all’interno dei confini provinciali, quindi, vale l’auspicio che Confcommercio ha espresso a livello nazionale: avviare al più presto un dialogo costruttivo con le amministrazioni territoriali affinché venga recepito il nuovo metodo tariffario determinato dall’Arera, vincolando la Tari al rispetto del principio europeo “chi inquina paga”.

 

Fonte dell’articolo: Il settimanale Pavese n .673 del 08.04.2021